Museo

Fucina e raccolta di ferro antico inerente all’agricoltura locale

Per passione della storia di questo territorio nostro papà Leonardo Rudasso si è occupato del reperimento e del restauro di ferri mirando a fermarne il deterioramento e conservando l’aspetto genuino e originale di ciascun pezzo; alcuni di essi appartengono alla nostra famiglia da diverse generazioni e hanno costituito la base e lo spunto della raccolta che è andata crescendo nel tempo grazie alla continua ricerca e all’attenzione del papà nell’individuare oggetti congrui alla collezione, ora rintracciati nelle cantine locali, ora donati dai proprietari.

È nato così il piccolo “Museo Rudasso”, la nostra collezione privata che espone la lavorazione e l’impiego del ferro nella civiltà contadina locale a testimoniarne la storia e la cultura, attraverso l’osservazione degli strumenti di lavoro.

Un po’ di storia

Nel Mesolitico, alla nascita dell’agricoltura, l’essere umano era già in grado di usare diversi strumenti di pietra, poi ha cominciato a usare i metalli (rame nel 6000 aC) e il ferro (2000 aC) per fabbricare strumenti più resistenti e efficaci.

Il contadino ha il vantaggio a conoscere e praticare alcune attività proprie del falegname, del fabbro, dell’arrotino, del maniscalco e più recentemente del meccanico per riparare e tenere in piena funzionalità i suoi utensili. Era del tutto normale, nelle grandi famiglie patriarcali di un tempo, trovare contadini che all’occorrenza praticavano competenze artigianali, con dotazioni inferiori a quelle professionali, ma idonee all’uso circoscritto.

Nella cultura di Costa Bacelega e di quasi tutta la Liguria, il lavoro olivicolo è gestito in piccolo: ogni umile famiglia in modo indipendente compie ogni fase della coltivazione e si serve quasi esclusivamente di risorse di cui è proprietaria; ai membri della famiglia, i quali lavorano in prima persona in tutte le fasi produttive, appartengono poderi, costruzioni, mezzi e attrezzi che perciò necessariamente hanno piccola scala.

Percorso

I pezzi più antichi risalgono all’Alto Medioevo, fino ad arrivare al 1959. Il discorso che li lega è la metallurgia, dal minerale e la forgia al pezzo finito, seguendo l’evoluzione tecnologica della lavorazione.
In pochi metri viene descritto un millennio di storia: si parte dalla forgia, poi si arriva ai semilavorati e ai prodotti finiti, quali attrezzi da taglio e di uso agricolo comune.

Lo scopo di questa collezione, visitabile da tutti i nostri ospiti è offrire una testimonianza della storia locale, dando l’opportunità, tramite l’osservazione degli antichi strumenti di lavoro, di entrare in connessione con la cultura contadina che ha visto gli albori della civiltà e ha costituito la base storica, economica e culturale della società in cui viviamo.

Tramandare, nell’idea che certamente fu anche quella del papà, serve a non dimenticare chi eravamo e, quindi, chi siamo diventati.

In campagna

Alcuni strumenti, per esempio quelli da taglio come falce, falcetto, scure, cesoie e roncola perdono il filo a causa del ripetuto contatto con gli steli vegetali o i piccoli rami e l’urto accidentale con le pietre, conseguentemente affilare le lame è una parte del lavoro del contadino direttamente nel campo e più volte al giorno con la cote a mano, detta “cuetta” in dialetto (una pietra a grana molto fine) o battendo il ferro con apposito strumento “l’anchise”. Una mola, che consiste in una pietra abrasiva in rotazione solitamente lubrificata e raffreddata con acqua, è adatta a rimanere nel magazzino e viene usata per affilare gli arnesi più pesanti. Talvolta un attrezzo sottile può spezzarsi e un contadino può riunire le parti facendo uso di forgia, incudine e martello.